Michal Minor, Chi diavolo sei, 2020.

Michał Minor (nato nel 1979, Zabrze)
Who the hell R U, 2020
olio su tela, 120 x 90 cm

Laureato presso la Facoltà di Arti Grafiche dell'Accademia di Belle Arti di Katowice, dove lavora come insegnante con il titolo di professore d'arte. Negli anni 2000-2020 ha partecipato a più di 250 mostre collettive in patria e all'estero ed è autore di diverse mostre individuali. Si occupa principalmente di pittura, disegno e stampa e progetta manifesti. Le sue opere si trovano in collezioni museali e private. Ammette di sentirsi fortemente legato alla Slesia, che ha esercitato una forte influenza sul linguaggio della sua espressione artistica. Uno degli stimoli per la sua creazione è il suo specifico senso dell'umorismo, che descrive come "in equilibrio sul confine tra ciò che è reale e ciò che è tra le parole", e anche lo stigma del dialetto slesiano, soprattutto in termini di articolazione ridotta, fa parte delle sue ispirazioni, guidate dal sentimento e da un fascino particolare. Nella sua arte, trasforma le influenze dell'espressionismo e la poetica dei graffiti di strada; la rapacità delle sue tele e la dinamica della narrazione comica riportano alla mente il precursore di questo campo, Jean-Michel Basquiat. La scelta del mezzo espressivo è giustificata dalla necessità di contestare la realtà che lo circonda, dal suo atteggiamento di coinvolgimento nei mali sociali attuali, nel crollo dei valori e nella degenerazione dei costumi. La stilistica delle sue opere si avvicina anche all'espressione dei dipinti di Roman Nyga, uno degli importanti rappresentanti della pittura slesiana, che esordì negli anni Sessanta. Minor afferma che, nonostante le apparenze contrarie, apprezza i vecchi maestri, continua a tornare ad essi e li riscopre. Sottolinea inoltre il valore dell'accademia, oggi spesso deprezzata, e la sua importanza nella formazione di una coscienza creativa e nell'ampliamento degli orizzonti. "Per me l'arte è un trucco. Per me l'arte è fare 'qualcosa'. Per me l'arte è tirare fuori un coniglio dal cappello. Non è arte sedersi in una galleria e iniziare a pelare patate o venire con una sciabola e distruggere i ritratti nazisti. E non è più arte portare avanti i temi abusati dell'Olocausto o quelli quasi scandalosi, per il cortile polacco radicale, dedicati agli omosessuali, o fare opere tipologiche in cui qualcuno strappa frammenti di un film da youtube con la didascalia "The end" e ne fa un found foutage. Il trucco è fare un trucco. Dimostrare che si può fare qualcosa in un modo tale da lasciare a bocca aperta, perché guardando il tuo lavoro mi sono reso conto che ti sei seduto per un po' e hai fatto qualcosa con un pennello in mano che, quando lo guardo, è semplicemente chapeau bas! Ed è per questo che, guardando il film sugli scalatori dell'Himalaya, mi sono detto che l'arte è proprio questo: trascendere i propri limiti mantenendo il controllo e la consapevolezza".